No, nessuna trasformazione del domicilio in panificio o pizzeria, nessuna passione per la corsa resuscitata (né tantomeno nata a seguito del primo DPCM); non mi sono data al bricolage, non ho sviluppato nessuna nuova abilità. Se c’è un ambito in cui questa quarantena (fase 2 compresa, eh) si è rivelata produttiva è sicuramente quello del binge-watching del catalogo Netflix. Non voglio dilungarmi in questa sede su come perchè dove e con chi ho affrontato la reclusione, ché se n’è detto a tempo debito e ché c’è già parecchio da dire anche solo attenendosi all’argomento in questione. Tra le serie iniziate in quarantena, quelle già cominciate e portate avanti e le stagioni rilasciate durante il lock-down penso di non aver raggiunto risultati tanto alti in termini di rendimento telefilmico. Ho scoperto di apprezzare prodotti su cui avevo manifestato scetticismo, confermato la difficoltà italiana a concepire – e sviluppare- idee di un certo livello in questo campo, cominciato ad apprezzare produzioni tedesche ma soprattutto ho ribadito e portato ai massimi stadi la mia passione per la Spagna, lo spagnolo e gli spagnoli.
Per non rendere l’articolo tremendamente lungo ho deciso di dividerlo in due parti e dedicare questa prima interamente alle serie tv spagnole più in vista sulla piattaforma, due delle quali prodotte dallo stesso Netflix.
Ah! Fatemi il favore grande di guardare queste serie in lingua originale, col doppiaggio si perde veramente molto (e non mi riferisco solo alla possibilità di poter cominciare a imprecare utilizzando parolacce e offese spagnole dotate invero di una poesia senza eguali).
Elite, 3° stagione
Non è la prima volta che parlo di Élite in questa sede (qui, sotto la sezione “Intrattenimento”, potete trovare la recensione della seconda stagione), pertanto non mi perderò in quisquilie cominciando a parlare dall’alba dei tempi, ma mi concentrerò nello specifico sull’ultima uscita.
Al termine della scorsa stagione avevamo lasciato i nostri studenti (ma soprattutto Guzmàn che poraccio, era rimasto praticamente l’unico a non sapere chi avesse matato a su hermana) alle prese con la rivelazione dell’assassino di Marina, li ritroviamo davanti a un’altra uccisione, proprio quella di Polo (no spoiler, se avete guardato il trailer sapete già che l’intera stagione ruota intorno a questo tema principale). A differenza del passato però, questa volta noi spettatori siamo gli unici a non conoscere l’identità dell’omicida, la quale risulta ben presto nota ai protagonisti, intenti piuttosto a mantenerla taciuta. Una struttura narrativa che ricorda quella di How To Get Away With Murder in cui l’azione iniziale corrisponde all’epilogo della narrazione (e quindi, col morto), che procederà quindi a ritroso fino a che i due momenti non arriveranno a coincidere. Bene, ora che ho fatto finta di capirci qualcosa utilizzando qualche tecnicismo possiamo passare alla fase in cui mi lascio andare alle emozioni e agli scleri, quella a cui chi ha letto le mie rece di pancia episodio dopo episodio è sicuramente più abituato.
Le mie ship trattate a pesci in faccia, con ovviamente il trattamento peggiore destinato a quella Suprema, la Carmuel (Carla+Samuel ndr), che in questa stagione ci hanno fatto soffrire più che mai per lasciarci dopo un tiepido contentino in una valle di lacrime. Non migliore la considerazione riservata agli Omander, che vediamo nuovamente in crisi a causa di un Omar in preda a crisi precoci di mezza età e un Ander cornuto e mazziato. Niente di nuovo per Guzmàn e Nadia, che continua ad essere divisa tra l’amore per il facoltoso giovanotto, quello per il padre (che fino all’ultimo sembra avere la meglio), e una new-entry con sorpresa (e che sorpresa!). Altra sotto trama ripetitiva che ho trovato forzata quella della throuple Cayetana-Polo-Valerio, reminiscenza dei threesome tra Carla, Christian e Polo (che si rivela comunque il più furbo di tutti) della prima stagione e poco credibile data la devozione incondizionata che Cayetana ha sempre dimostrato nei confronti di Polo, svolta che la rende a mio avviso piuttosto out-of-character. Aggiungiamo una Rebeka da battere letteralmente nel muro con la sua cieca fissazione per Samuel a cui visibilmente di lei non importa un fico secco (se non come amica), un nuovo fastidiosissimo personaggio (Yeray) che sfida i limiti della sopportazione umana, una fine ingloriosa per Polo che, finalmente pentito, era pronto a scontare la sua pena, sicuramente una stagione che lascia tanta amarezza e ben poche gioie. Ma che nonostante ciò, o forse proprio grazie a ciò non smette di tenere incollati allo schermo e di farti logorare dall’ansia per il destino di personaggi sono sempre più belli (e intendo belli dentro, maturi, anche se…).
Come il season finale lascia dedurre, è previsto un recast per la quarta stagione (confermata insieme ad una quinta). E’ stato infatti da poco confermato che com’era presumibile diremo addio a Carla, Lu, Nadia e Valerio. Secondo il mio modesto parere, se ciò che si prospetta è una storia che riguarda personaggi del tutto nuovi, la serie sarebbe potuta dirsi conclusa con questa terza stagione.
Voto: 8 –
La casa di Carta, stag. 1 – 4
Proprio così amici, prima della quarantena facevo parte di quel 10% (esagero? Facciamo 5%?) di popolazione che non aveva ancora visto la Casa di Carta, e che quasi neanche l’aveva considerato. Visto il trailer e letta la trama vi avevo riconosciuto un genere che, di base, non è il mio preferito, e nonostante i buoni propositi in vista dell’uscita della quarta stagione per cui volevo assolutamente aver recuperato, c’era sempre qualcosa che mi spingeva a rimandare la visione del pilot e mi impediva di concederle questa benedetta chance. Complice la congiunta che invece era in pari e prontissima per la nuova release , e disposta, per giunta, a rivedere con me le prime 3 parti, mi si presentava un’occasione che non potevo in alcun modo rifiutare.
Credo che la trama sia Storia, ma per chi fosse rimasto tagliato fuori dal mondo nel corso degli ultimi tre anni ecco che vi ragguaglio brevemente anticipandovi che parla di rapine ma soprattutto di rapinatori, di un piano “perfetto” messo a punto da un misterioso “Professore” che ha dedicato la sua vita a curare ogni dettaglio di questo colpo dimenticando di essere umano e di avere pure lui dei sentimenti. Nella banda di criminali da lui selezionati: una rapinatrice in fuga dall’ultima rapina in cui ha perso l’amore della sua vita (Tokyo) , un giovane programmatore informatico (Rio), una falsaria (Nairobi), un ex minatore divenuto scassinatore e il figlio (Mosca e Denver), un veterano di guerra Serbo e il cugino (Helsinki e Oslo), capitanati da un ladro di gioielli prescelto come capo delle operazioni (Berlino) mentre il professore muove i fili comunicando dall’esterno sia con la brigata che con il capo della polizia, l’Ispettrice Raquel Murillo. La banda ha il compito, mentre tiene sequestrati tutti coloro che si trovavano all’interno della Zecca di Stato (tra cui la figlia dell’Ambasciatore spagnolo del Regno Unito, lo spassosissimo direttore della Fabbrica Nazionale e l’amante che da lui aspetta un bambino) di stampare più di 2 milioni di euro nell’arco di una decina di giorni: i rapinatori non stanno quindi tecnicamente rubando, ma si stanno stampando il denaro con cui poi fuggiranno. Bisogna dire che il Professore aveva pensato quasi a tutto, anticipato molte mosse, ma se non avesse proprio proprio sbagliato niente, non ci avrebbero dato niente da vedere.
Da questa breve introduzione può non sembrare niente di particolarmente innovativo, eppure, vi invito ad andare oltre lo scetticismo nei confronti del genere (se fosse ciò che vi blocca) ma pure del primo episodio che anche mica m’aveva convinto troppo e lasciarvi “sequestrare” dai nostri criminali di cui mano a mano scopriremo punti di forza e punti deboli, sentimenti, fragilità; che ci faranno piegare dal ridere, incazzare ma anche piangere (sì ecco io credo di non aver mai versato tante lacrime per una serie tivvù, non dai tempi di The Oc tipo).
Penso che il vero punto forte della serie siano infatti i personaggi e le loro storie, di cui scopriremo sempre qualcosa di più nel corso degli episodi, i dialoghi, le relazioni che intrecciano, che sono un sottofondo alla trama principale ma senza le quali secondo me lo show non sarebbe potuto sussistere.
Nella prima e nella seconda parte (che vedono lo svolgimento della “rapina” alla Zecca di Stato, mentre la terza e la quarta parte avranno un’altra storia -e sì, un altro colpo) regge bene anche lo sviluppo del programma narrativo di base relativo alla rapina sia a livello di credibilità che dinamicità dell’azione, cose che a mio parere si perdono entrambe con le successive due parti. Nella terza (che si svolge all’interno della Banca Centrale di Spagna) in particolare si assiste a uno sviluppo piuttosto lento e macchinoso della vicenda e a tanto spazio dato alla spiegazione e all’applicazione pratica di tutti gli ordigni ingegnosi messi a punto per poter fondere l’oro (la nuova missione dei nostri ladri prefe), il che finisce per risultare un po’ noioso e piatto, soprattutto dopo tutti i colpi di scena a cui ci avevano abituato la prima e la seconda parte.
La terza parte vede anche l’introduzione di personaggi nuovi, come Palermo, Bogotà e Marsiglia che non riescono a ottenere minimamente lo stesso affetto da parte degli spettatori che invece i protagonisti della prima stagione avevano in fretta conquistato (anzi diciamolo, Palermo è proprio da prendere per la collottola e lanciare dalla finestra) così come personaggi che già conoscevamo vestire nuovi, poco credibili, panni. Insomma, la sensazione è proprio che non sia mai veramente partita fino all’ultimo episodio e che sia stata piuttosto un’ introduzione a ciò che segue. Ecco insomma, si poteva riassumere dicendo che nella parte 3 ho si è reso evidente che la serie non fosse continuata per la presenza di un’idea, ma che l’idea fosse venuta a posteriori data la necessità di pensare ad una prosecuzione.
La quarta parte
Ciò detto, la quarta parte torna a far incollare lo spettatore allo schermo, ho provato ansia e agitazione e ho pianto praticamente ad ogni puntata (sì forse è stata la stagione in cui ho totalizzato il maggior numero di pianti), quindi ripeto, benché non trovassi assolutamente necessaria una continuazione dopo le prime due parti, questa quarta non posso dire che non catturi o non susciti delle emozioni, euforiche o negative che siano.
Certo, ha dei difetti piuttosto evidenti. Non che sia mai stata troppo verosimile ma tra l’operazione a Nairobi compiuta da Tokyo in video chat col medico Pakistano (avevano già previsto il lockdown?), Marsiglia che un secondo prima è in Algeria un momento dopo in macchina fuori dal Garage della prigione, quelli che fanno un buco di 12 metri e costruiscono una parete nuova in una notte, forse abbiamo abbiamo sfociato un po’ nella fantascienza.
Personalmente ho sempre apprezzato le digressioni sui vari personaggi e i flashback perché funzionali alla conoscenza della loro storia ma in questo caso alcuni li ho trovati abbastanza fini a se stessi e slegati dal contesto. La scena di Berlino che nel bagno del ristorante si sfoga con violenza contro i testicoli di colui che ha osato ridere del suo fiocchetto, Nairobi che chiede al professore di essere inseminata da lui? (Again, why? Per giustificare il fatto che lui potesse poi piangere la sua morte?), totalmente superflui e colpevoli di rendere i personaggi pure un po’ OOC. Anche il tutto il discorso Palermo-Helsinki-Nairobi lui ama me te amo lui io non amo nessuno con Nairobi innamorata di Helsi a mio avviso evitabile, se volevano farci capire che Palermo fosse in realtà innamorato di Berlino, mi spiace deludervi, l’avevamo già capito tipo al secondo 2.
Ho mal tollerato l’alta presenza di personaggi insopportabili, se nelle prime due avevamo praticamente solo Arturo (e Tokyo a tratti, dai), adesso avevamo Arturo 2.0 (ancora più viscido e schifoso), Gandìa, Tamayo, Prieto, la Sierra, Palermo … era davvero impegnativo decidere chi odiare di più. L’argomento Nairobi mi risulta ancora oggi difficile da affrontare. Una grande bastardata farla morire dopo averci fatto credere che si stesse rimettendo in sesto, ma scelta sicuramente vincente ai fini della generazione di stupore e segno nello spettatore. Per me Nairobi si è comunque dimostrata la boss della stagione (al contrario di Tokyo che invece ho trovato un po’ sottotono) nonostante la parentesi richiesta di sperma al professore che continua a rimanere un momento poco felice nei miei ricordi di lei.
Per la prima volta vediamo un Rio un po’ più cazzuto che finalmente riesce a liberarsi di quello che si è reso conto essere un rapporto malato, un po’ meno cazzuto Denver che vediamo un po’ spaesato nella gestione del gentil sesso. Il Professore l’abbiamo completamente perso, tra conduzione di un piano non orchestrato da lui e la preoccupazione per la sorte di Lisbona non si dimostra all’altezza della situazione come nel caso della prima rapina.
A differenza della seconda parte con questa quarta non si è conclusa la vicenda ergo si rende indispensabile la visione della quinta, ma non mancherà lo scetticismo nei confronti di una serie che sta ormai visibilmente continuando solo per businessssssss.
Voto serie: 9
Voto 4a stagione: 7
Vis a Vis, stag. 1 – 4
Che scoperta raga, c-h-e s-c-o-p-e-r-t-a! Faccio rientrare la decisione di iniziare questo gioiellino tra le migliori prese nella mia vita. Cominciata con un po’ di timore, ché a seguire una serie ambientata in un carcere femminile c’avevo già provato con Orange Is The New Black senza troppo successo, a differenza della sorella statunitense ho capito dopo il primo episodio che non ne avrei più potuto fare a meno. Non posso attuare un vero e proprio confronto con l’antecedente avendo di OITNB fin’ora visto solo la prima stagione, ma malgrado l’apparente similitudine iniziale -estetica e caratteriale- tra le protagoniste delle due serie (Macarena e Piper) in Vis A Vis nonostante i botta e risposta scherzosi tra le protagoniste di comedy c’è ben poco, il sottofondo si mantiene amaro e drammatico per tutto il corso delle quattro stagioni. Tante morti, violenza (anche sessuale), sofferenza, autodistruzione, cattiveria (spesso gratuita), ma anche passione, lealtà e amicizia sono temi che verranno sviluppati nel corso delle puntate. Attorno al personaggio principale si collocano una serie di personaggi minori che ritroveremo fino all’ultima stagione, che si fanno conoscere a mano a mano sia attraverso le loro gesta più o meno nobili all’interno del carcere che attraverso delle interviste in stile documentario. Nonostante quella del penitenziario sia l’ambientazione primaria nelle prime due stagioni si assiste a una sotto trama parallela che vede la famiglia di Macarena alla prese con non pochi grattacapi per riuscire ad ottenere il denaro necessario a pagare la cauzione della giovane che continuerà a lungo a professarsi innocente (finché non si macchierà di altri delitti, perlomeno). Proprio così, la biondina e sprovveduta Macarena viene arrestata per aver commesso appropriazione indebita (e altri reati connessi al denaro vari ed eventuali, mi pare d’aver capito) costretta dal suo capo con cui aveva pure una storia e che prometteva di lasciare la moglie per lei: ovviamente non solo non ci pensava minimamente, ma stava anche architettando il modo per far ricadere su di lei la colpa e uscirne pulito. Un gran bel tipo insomma. Ecco che la nostra protagonista, in tacchi e pellicciotto, approda alla prigione di massima sicurezza di Cruz del Sur, una realtà molto diversa da quella che la giovane rubia aveva sempre conosciuto: battute volgari, pestaggi, tette al vento e sesso lesbo, va da sé che quel pulcino indifeso di Macarena diventi da subito bersaglio delle più avvedute, come per esempio la spacciatrice Anabel o l’araba Zulema, sua acerrima nemica con cui intreccerà un rapporto di amore (o meglio, solidarietà di convenienza) e odio fino all’ultima stagione. Non ci vorrà molto perchè Macarena si renda conto di doversi dare una svegliata, e tra un tentativo di farsi piacere i genitali femminili mal riuscito, una scoperta gravidanza e una cotta pazzesca per un funzionario riuscirà ben presto a farsi rispettare atteggiandosi a bulletta e credendosela pure un attimino troppo a una certa.
Non lasciatevi scoraggiare dai 70 minuti a episodio delle prime stagioni, li divorerete e non vi accorgerete neanche di essere arrivati alla fine: l’attenzione si mantiene alta durante tutto il corso della puntata grazie a una sapiente alternanza di location (interno/esterno prigione), momenti drammatici e momenti ludici, focus su diversi personaggi, che siano le detenute o il personale del carcere. In ogni episodio infatti, oltre ad essere portato avanti il programma narrativo di base (il recupero del denaro per la cauzione di Maca nelle prime due, la guerriglia con le Cinesi nella terza) le nostre protagoniste saranno alle prese con accidenti diversi che abbiano a che fare con la gestione del carcere, i sentimenti, gli affari interni portati avanti illecitamente dalle detenute. Ottime le prime due stagioni (nonostante il filone padre/fratello di Macarena sfoci a tratti nell’eccesso), terza un po’ sottotono (appassiona poco l’affair cinese, sembra quasi di riconoscerci incursioni della Casa di Carta), la quarta parte male (chi l’ha vista capirà a cosa mi riferisco, il primo episodio rasenta la follia) ma si riprende alla grande per un finale sì coerente ma per certi versi anche sorprendente.
Voto serie: 9