Ci sarebbe tanto, tantissimo, da dire su questa città, in cui ho trascorso la bellezza di undici giorni e che posso dire aver conosciuto se non alla perfezione, perlomeno discretamente bene. E ci sarebbero da dire parole d’elogio, ché Palermo è stata proprio una sorpresa e ha superato ogni aspettativa.
No, io non me la immaginavo così grande, così verde, così elegante e maestosa, così tradizionale ma anche attuale, così artistica, così reale. Probabilmente l’ho capita, probabilmente l’essere ospite di persone del posto ha contribuito, ma ho acquisito da subito una padronanza tale per cui mi sono trovata a mio agio nel girarla spesso da sola, sia nei momenti in cui mi smarrivo che in quelli in cui sapevo esattamente dove mi trovavo.
C’è tanto da fare e da vedere a Palermo, e tra parchi da visitare, cattedrali e ville da fotografare in ogni angolo, qualche spiaggia o riserva nelle prossimità in cui andare per sprofondare nel blu sfondo montagne, e, non prendiamoci in giro, un’infinità di cibi libidinosi da assaggiare, non avrete da lamentarvi di non sapere come passare il tempo.
Per avere un’idea delle varie attività della vacanza non inerenti al cibo e dei posti visitati, è tutto raccolto nella cartellina “Palermo” sul mio profilo Instagram!
Se c’è una cosa che più di ogni altra mi sono trovata a mio agio a fare, infatti, è senza dubbio MANGIARE.
Essendo ospite di due cuoche provette per la maggior parte ho mangiato a casa (e anche parecchio bene!) ma non è mancato giorno in cui non abbia assaggiato qualcosa di tipico, che fosse fuori o cucinato in casa con amore dalle sapienti mani della metà più grande di Naturalmente buono (anche la metà più piccina mi ha fatto mangiare cose buone eh, ma sicuramente meno tradizionali).
Quella che segue è una mia personalissima classifica dei cibi caratteristici della regione che ho assaggiato durante la mia permanenza; non si propone di essere una classifica esaustiva in quanto, o per scelta (per esempio nel caso del panino câ meusa perchè milza? not definitely my thing) o per circostanze esterne (ad esempio la granita con la brioche, che a quanto pare per essere mangiata veramente buona bisogna andarla a prendere a Messina, per arrivarci l’opzione più rapida erano 6h di pullman A/R quindi va bene il sacrifico per la causa ma a questo giro passo grazie e alla prossima), qualcosa ho dovuto tralasciare.
Salta sicuramente all’occhio come, nonostante faccia fatica a concludere un pasto senza qualcosa di dolce, non farei mai una colazione salata e senta il bisogno di concedermi il mio sfizio dolce (che sia un biscotto, un gelato, qualcosa di cioccolatoso), ebbene sì, sono molto più da salato.
Tanto mi piacciono i cibi zozzi salati, che siano fritti, unti, con formaggi filanti (certo, con un limite) quanto poco invece riesco a tollerare i dolci troppo carichi e stucchevoli. Preferisco di gran lunga una fetta di pane con della marmellata e un burro di frutta secca a una cassata o a un krapfen ripieno di crema. O un gelato. Ecco no dai, più di tutto quanto, se devo mangiare un dolce, preferisco un gelato, rigorosamente gusto creme.
Anche col gelato ho scoperto di essere un po’ boccuccia di rosa però, tanto da averne trovati di esageratamente dolci anche in quella categoria.
Per la classifica delle gelaterie, però, vi rimando a instagram 😉
1. L’ARANCINA
Datemi una roba fritta con del formaggio che fila e mi avrete conquistata. Nel senso che molto probabilmente vi lascerò lì e mi apparterò per concludere la serata con la mia roba fritta col formaggio che fila. Ufficialmente il mio modo preferito di mangiare riso, l’arancina conquista il primo posto in classifica come cibo più godereccio. Almeno, questa con scamorza e spinaci che ho preso da Ke Palle. Probabilmente anche la scelta del ripieno gioca un ruolo fondamentale, giacché mi è stato fatto notare che se avessi ceduto all’attrattività di quella al pistacchio con cui ero ovviamente indecisa, sarei rimasta probabilmente delusa. Per fortuna, il fatto che all’interno ci fosse solo besciamella e nessun formaggio, mi aveva fatta desistere. L’arancina al pistacchio l’ho invece presa da Passami Ù Coppu, nel cui ripieno era presente anche la scamorza. Apprezzabilissima, ma già alla seconda (nel cuoppo ne vengono messe due) cominciavo ad esserne un po’ nauseata. Se non ci fosse stata la scamorza a smorzare (uno scioglilingua!), sicuramente sarebbe successo molto prima. Oltre al ripieno un po’ più stucchevole ho preferito quella di Ke Palle anche per la maggiore compattezza del riso e della frittura più asciutta.
Ah, mi raccomando: a Palermo, l’Arancina, è fimmina.
2. IL PANI CUNZATO
Al secondo posto il pane cunzato, un cibo di strada Trapanese consistente in un filoncino di pane casereccio, in questo caso alle olive, ripieno da tradizione con pomodori, primosale o pecorino grigliato, acciughe, sale e olio. Nel posto dove lo abbiamo preso noi, il bar Nettuno situato nel baglio di Scopello (un piccolo borgo molto caratteristico di cui vi consiglio la visita dopo essere andati a farvi un bagno nelle acque della spiaggetta nei pressi della tonnara), si poteva scegliere anche nella versione con melanzane arrostite, cosa che ho fatto io. Ne è risultato un panino davvero gustoso, niente affatto pesante nonostante le dimensioni, dove tutti i sapori, per quanto semplici erano ben distinti e percettibili. Forse perchè il gusto di ciascun ingrediente, dal pane fragrante al banale pomodoro, si distingueva e se ne percepiva tutta la qualità.
3. CROCCHÈ DI LATTE
Sì, la foto è quella che è e bisogna accontentarsi, giacché come da tradizione, le ho mangiate veramente camminando per strada e mi ci sarebbe voluta una terza mano per riuscire a far vedere l’interno, avendo nella sinistra il cuoppo e nella destra il telefono. Ma fidatevi sulla parola, quelle crocchè di latte meritavano di salire sul podio. Al terzo posto, infatti, ci metto proprio loro. Le ho prese senza aver capito bene come e con che cosa fossero fatte, fidandomi del fatto che ci fosse scritto “latte” e che fossero fritte. Successivamente, leggendo gli ingredienti, ho realizzato che alla fin fine si tratta di una sorta di besciamella, ma arricchita con il parmigiano, fatta raffreddare e successivamente modellata in forma cilindrica così da essere impanata e buttata nell’olio bollente. Ecco, io direi che la sola descrizione parla anche senza essere supportata da prove empiriche. Assieme a quelle di latte vedete anche i cazzilli (quelli con le erbette), ovvero le crocchette di patate che vengono spesso messe nel panino assieme alle panelle. Buonissime anche loro, le metterei in classifica probabilmente a pari merito proprio con le panelle.
Queste sono state prese all’ Antica Focacceria San Francesco ma si trovano senza difficoltà, soprattutto nella versione con le patate.
PANELLE
A un gradino dal podio si posizionano le panelle, deliziose frittelle di farinata di ceci, che ho avuto la fortuna di assaggiare direttamente cucinate dalla padrona di casa, conclamata preparatrice di quelle che sono tra le più buone panelle di Palermo. Certo non posso sapere come siano prese altrove, ma queste erano senza dubbio cucinate e fritte ad arte. Fuori è facile che vengano impiegati olii poco buoni e soprattutto usati e riusati, per questo Mimma, che è anche un’abile panificatrice, si è offerta di farmi provare l’esperienza completa (e quindi pane&panelle), tra le mura domestiche. Sono sincera, in mezzo al pane il sapore del frittino di ceci si perde un po’, sarà che questo era fatto con pasta madre e farina di farro e quindi piuttosto saporito oltre che dalla struttura abbastanza compatta, mentre ho visto che spesso è servito con un panino bianco al latte molto soffice. Diceva bene Mimma, sostenendo che è sempre meglio togliergli un po’ di mollica! La cosa più bella è che avendo assistito a tutta la preparazione, adesso so anche rifarle 😌
LO SFINCIONE (BIANCO & ROSSO)
Son sincera, nutrivo grandi aspettative sullo sfincione palermitano, forse tra le più alte. Questa focaccia altissima e soffice ricoperta di salsa, acciughe, cipolla e caciocavallo grattugiato, a vederla, mi faceva proprio una gran gola. Sapendo della mia voglia di assaggiarlo, Marta ha insistito per prendermelo da un forno storico, rinomato proprio per il suo sfincione, ovvero il Panificio Graziano. Bisogna dire che la base era ottima, morbida e perfettamente focacciosa. Ho trovato il condimento un po’ troppo dolciastro, risultato forse di una salsa di pomodoro a cui era stato aggiunto un po’ di zucchero di troppo, che abbinata inoltre alla cipolla, ha conferito al tutto un sapore agrodolce che in generale non disprezzo affatto, ma in piccole dosi e non su un’intera pizza. Avrei voluto riprovare prendendolo da un altro forno, ma dopo aver scoperto l’esistenza della versione bianca con la ricotta ho preferito evitare il rischio di un sugo troppo dolce e cogliere l’occasione per provare un altro piatto ancora. Lo sfincione bianco è tipico di Bagheria, quindi non facilmente reperibile tanto quanto quello tradizionale. Mi ci sono imbattuta da Prezzemolo e Vitale -catena di supermercati attenti alla qualità dei prodotti dove vi consiglio un giro, specialmente nel reparto formaggi!- e non sono stata a sbattermi per cercare altrove. In questo caso, la farcia era ottima: immaginate la cremosità e la delicatezza della ricotta unita alla salinità delle acciughe, alla dolcezza della cipolla e alla mollica tostata insaporita con origano. Ho trovato purtroppo la base non all’altezza, piuttosto dura e difficile da masticare, ma può dipendere dal fatto che in questo caso non era sicuramente stata appena sfornata come nel caso di quello rosso ed è possibile che fosse arrivata ancora la mattina. Ciò nonostante resta un cibo da strada molto goloso e mi metterei tranquillamente a disposizione per testarlo in tutti i panifici del palermitano 😬
CORNETTO AL PISTACCHIO
Questo l’avevo sognato, tanto. Non mangiavo un cornetto al bar (o del bar) davvero da tanto tempo. La colazione era sacra e da fare rigorosamente a casa: anche quando avrei potuto farlo “rientrare” nei macros, in realtà ho sempre prediletto un porridge o un pancake, nel loro essere più bilanciati e nel lasciarmi più sazia e più a lungo. In effetti diciamocelo, se hai fame non ti mangi un cornetto. Te ne mangi almeno due. Non vado neanche matta per consumare questo pasto della giornata in piedi sgomitando per farmi posto al bancone di un bar, preferendo all’agitazione già di prima mattina la calma delle mura domestiche. Ma penso che queste colazioni siano belle proprio perchè non fanno parte della routine e quindi sì, quella volta ogni sei, tre, due mesi magari ti fa piacere pure mangiarti il cornetto alla crema col gomito del tizio accanto conficcato nel fianco. Ma facciamo che se ci andiamo una volta ogni sei, tre, due mesi magari lo facciamo con calma, ci mettiamo al tavolo e lo inzuppiamo pure nel cappuccino, senza preoccuparci di lasciare la scia di latte e caffè dal banco fino alla maglietta. Dopo essere riuscita a romanzare una brioche al bar, veniamo a questa brioche. Anzi cornetto, ché a Palermo la brioscia è quella che si mangia col gelato. Per l’occasione mi sono recata in una delle migliore pasticcerie della città, la storica Pasticceria Cappello, che offre tante diverse tipologie di paste dolci e anche diversi sfizi salati. La pasta era davvero buona e la crema, all’interno, TANTA. Dimenticatevi quelle brioche dove la farcitura l’hanno messa tanto per farvi un piacere. Mi sono sfamata? No. Ne è valsa la pena?? Decisamente SÌ!
SARDE A BECCAFICO
Ecco un classico esempio di “buono ma pensavo meglio”, ovvero, ottimo sapore ma me le aspettavo un po’ più zozze. E quindi diciamo che non boccio assolutamente il piatto, ma che questo per me può essere mangiato tranquillamente come secondo piatto in qualsiasi momento dell’anno e non è da considerarsi assolutamente qualcosa da concedersi esclusivamente come “sfizio”. Almeno qui dove le ho prese io, da Sud Antica Forneria Siciliana, le ho trovate davvero leggere e per niente unte (che va più che bene, eh, intendiamoci!) . L’unica pecca è stata l’aver trovato poco del ripieno, costituito da pinoli, uvetta e prezzemolo. Anche qui penso che vari molto in base al posto dove le si provano. Diciamo che se non fossi pigra e non mi limitassi a sbattere la fettina di pesce in padella, sono qualcosa che potrei assolutamente prepararmi per cena anche domani.
LA SETTEVELI
Forse qualcuno strabuzzerà gli occhi a vedere questo ben di dio così nei bassifondi ma anche qui vale il discorso “il salato prima del dolce” e a onor del vero ci tengo a specificare che se avessi fatto due classifiche distinte (ma mi mancava il materiale!) questo piccolo capopolavoro di pasticceria si sarebbe posizionato molto più in alto. Oggetto di dibattiti e rivendicazioni di paternità, nessuno sa con certezza a chi e a quando attribuire l’origine di questa torta a strati: i Palermitani si attribuiscono l’appartenenza, così come i tre pasticceri che hanno registrato il marchio dopo aver vinto la Coppa del Mondo della Pasticceria proprio grazie alla Setteveli. E’ più probabile quindi che faccia fede il brevetto, nonostante sia da riconoscere ai Palermitani e in particolare alla Pasticceria Cappello dove io l’ho presa, la sua diffusione su più larga scala. Pandispagna al cioccolato, croccante alle nocciole e cereali, bavarese bianca, bavarese al cioccolato, bavarese alla nocciole, mousse al cioccolato e glassa, ecco tutti gli strati da cui è composta. Un lavoro di minuzia, pazienza e grande meticolosità, senza dubbio. Io ho preso la monoporzione e sono riuscita ad apprezzarla moltissimo fino a metà, dopodiché mi è diventata leggermente stucchevole (nonostante, a differenza di molti altri dolci di pasticceria, sia assolutamente più equilibrata e non sappia solo di zucchero). Preferenze personali a parte, riconosco che siamo davanti a una piccola opera d’arte della pasticceria, davanti alla quale posso solo alzare le mani.
IL CANNOLO (AL PISTACCHIO)
E qui mi attribuisco tutta la colpa. Non avrei dovuto prenderlo al pistacchio, lo so e me ne pento. Sono stata una debole. Ma quando ti viene offerta la possibilità di farcirlo a tuo piacimento e tra i ripieni disponibili vedi “pistacchio”, è normale non riuscire a riflettere lucidamente no?? Di fatto mi piace il cannolo come concetto, il fatto che si morda e che presenti questo contrasto di consistenze. La problematica principale riscontrata, quindi, come potrete ormai immaginare se in qualche modo siete arrivati fin qua a leggere, va attribuita all’eccessiva dolcezza della farcia. Se l’intuito non mi inganna, credo proprio che una crema al pistacchio già zuccherata venga aggiunta a quella di ricotta anch’essa già zuccherata: resta da capire se dolcificata tanto quanto la versione classica o se venga invece lasciata un po’ più “indietro” (opzione su cui onestamente nutro qualche dubbio). Qualsiasi sia il numero esatto di granelli di saccarosio, vi lascio immaginare il risultato al palato: praticamente una zolletta di zucchero in bocca, pistacchio poco percepibile, necessità di bere dieci litri di acqua. Diverse persone che quest’estate (giacché pare che abbiamo fatto tutti vacanza in Sicilia) hanno assaggiato il ripieno classico mi hanno detto averlo trovato anche meno stucchevole rispetto alle pasticcerie del resto d’Italia che lo propongono (cosa che avevo avuto modo di notare anch’io a Dicembre dopo averlo preso a Firenze). Vi invito a non commettere il mio stesso errore e a non farvi tentare dalla versione turistica: tradition knows it better <3